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Pagano, il neo-leghista di fuffa

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Ma chi sarà mai il leghista Alessandro Pagano che in Aula alla Camera è riuscito a dire rimanendo serio che Silvia Romano è una neo-terrorista? Pagano è un teocon di quelli fondamentalisti che manderebbe gay e coppie di fatto al rogo con la falange degli alfaniani, dei lombardiani, dei berluscoidi e ora dei saliviniani. Un politicante che conta più partiti che stalloni per Cicciolina. Condannato in Appello a 5 mesi per abuso d’ufficio, Pagano è nato nella Padania più laboriosa e trafficata: San Cataldo, provincia di Caltanissetta, Trinacria profonda dove si è formato alle corti del pregiducato per mafia Totò Cuffaro (fu suo assessore in Regione Sicilia). Giusto per coerenza nei confronti di Salvini che vaneggia di “pulizia”, Pagano è stato rinviato a giudizio per voto di scambio e attentato ai diritti politici dal gup Claudio Bencivinni su richiesta dei pm di Termini Imerese Annadomenica Gallucci, in un’inchiesta che coinvolge 87 persone in occasione delle ultime elezioni regionali siciliane e di alcune elezioni amministrative.

Coimputato col già citato Cuffaro, Pagano è accusato di aver escogitato il trucco a danno degli elettori di suggerire a Mario Caputo di candidarsi alle regionali del 2017 al posto del fratello Salvino (Salvini al singolare), costretto a lasciare lo scranno di assessore in Regione in virtù degli effetti della legge Severino. Il pm scrive che il falso appellativo di “Salvino” serviva a fingere «che il candidato fosse quest’ultimo». Per convincerlo, il cosiddetto onorevole Pagano (e l’altro sicul-leghista Angelo Attaguile) gli promettevano «che, se avesse accettato, lo avrebbero candidato alle elezioni nazionali e gli avrebbero conferito un incarico di prestigio nel partito». Risultato: «Caputo Mario non svolgeva alcuna significativa propaganda elettorale, lasciando che al suo posto lo facesse il fratello Salvatore». E Salvino «fingeva di essere lui il candidato, presentandosi agli elettori come tale, promettendo numerose utilità per ottenere il voto, incontrandoli nelle abitazioni, in esercizi commerciali e aziende, diffondendo e facendo diffondere manifesti e facsimile recanti il solo cognome Caputo, senza il nome e la foto del vero candidato».

Eccole le imprese di Pagano, secondo i pm che lo accusano. Sia chiaro, parliamo solo delle ultime per questo intrallazzone ex Forza Italia, ex Ncd di Alfano, ex meridionalista sfegatato e ora Padano convinto. Dare della “neo-terrorista” a una cooperante sequestrata per 18 mesi da un gruppo di criminali armati senza scrupoli, significa che questo neo-leghista aspira a balzare agli onori della cronaca. Tiene affinché si parli di lui e si sappia che di “neo” Pagano non ha proprio nulla, a parte la sua trasformazione in leghista credibile quanto un radicale che brandisce la Bibbia. Le sue imprese nelle istituzioni sono fuffa di ordinaria malapolitica dell’era berlusconiana.

Una sorta di terrorista del diritto, in quanto distintosi in porcate da far spellare le mani a evasori fiscali e delinquenti di rango. In particolare ricordiamo la grinta di Pagano per far approvare nel Decreto Incentivi 40/2010 il “mini-condono”, ossia una colossale sanatoria alle liti fiscali pendenti presso la Cassazione o la Commissione tributaria centrale, permettendo agli evasori fiscali milionari di chiudere le cause col pagamento di un misero 5% del valore delle controversie. In realtà Pagano faceva il palo a Berlusconi per approvare la “salva Mondadori”, che se la sarebbe cavata con 10 milioni di risarcimento civile per lo scippo subito da parte di B. invece che 200. Pagano comicamente blaterava di «vantaggi sia per il contribuente che per lo Stato senza più una stressante ansia da giudizio». Le sue incursioni e i suoi blitz degni da topo di appartamento, prima con la Finanziaria e poi col decreto Milleproroghe, non sortirono gli effetti sperati per mancanza di tempo.

Pagano fece parte del drappello di politicanti che ricorse alla Corte dei conti contro il taglio del doppio vitalizio da ex deputato siciliano lamentando «argomentazioni populistiche» da parte dell’Ars di sospendere la greppia di soldi pubblici mensili. Nel 2012 ebbe il coraggio di fare un’interpellanza alla Guardasigilli Paola Severino contro la perquisizione dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, suo sodale nell’Opus Dei. Riuscì a dire stando serio che Gotti Tedeschi avrebbe dovuto essere avvertito della perquisizione, vagheggiando poi di un “tentativo di una articolazione della magistratura italiana di intromettersi in attività di un organismo di uno Stato estero“.

Nel 2014 scoprimmo che il neo-leghista Pagano era legato al fiscalista dei potenti Paolo Oliverio, arrestato con l’accusa di aver pilotato nomine e affari dell’ordine religioso dei Camilliani, secondo i pm «riciclatore» dei soldi della ‘ndrangheta e di alcuni esponenti della criminalità romana, che al momento dell’arresto disse «Se aprite quei pc che mi sequestrate viene giù l’Italia». Presentò poi un emendamento che avrebbe svuotato di efficacia il reato di autoriciclaggio, fermato grazie alla sollevazione dei 5 stelle. Si spese per la cosiddetta riforma delle intercettazioni nella legge sulla diffamazione, col desiderio di spedire in galera per 6 anni i giornalisti che pubblicavano le intercettazioni dei politici. Legge non passata grazie ai grillini che invasero i lavori in Commissione Giustizia.

Pagano figura nell’elenco dei 357 deputati scassa-Costituzione che sempre nel 2014 approvarono il ddl costituzionale sulla riforma del Senato (perso sonoramente da Renzi al referendum). Per non dire l’accorciamento della prescrizione, altra questione cara a Pagano, secondo cui «a voler seguire la tesi dell’Anm i processi potrebbero durare 30 anni, per paradosso nessun giudice fisserebbe più udienze».

Nel 2015 il neo-leghista Pagano tentò di far passare la legge a sua firma per accorciare le già ridicole pene di detenzione ai condannati di falso in bilancio. Quanto al divorzio breve ridotto a 6 mesi con considerevole calo dei costi per i ricorrenti, Pagano prevedeva «disastri inenarrabili», mai pervenuti. Presentò per conto dell’arrestato Ettore Incalza un emendamento per modificare l’articolo 175 del Codice degli appalti, sulla “bancabilità” del project- financing della superstrada Orte-Mestre. Ossia, la possibilità di affidare senza gara gli appalti dell’opera-spreco del costo di 10 miliardi di euro. Mai domo delle sue imprese, nel dicembre di quell’anno presentò una leggina che avrebbe dovuto regalare fino a 600 milioni di euro ai comuni che lasciavano installare quante più slot-machine nei loro territori. Leggina (a firma anche del Pd Federico Massa e del leghista Alberto Giorgetti), bloccata dai 5 stelle per mano di Matteo Mantero, dopo altri tentativi fatti in Senato.

Questo è il bagaglio di Alessandro Pagano. Uno che per dare aria alla bocca fa del terrorismo diffamatorio nei confronti di una povera ragazza che ha una grande occasione: perseguire il neo-leghista con una mega querela e lasciarlo in mutande. Verdi.

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